"Come eliminare la polvere e altri brutti pensieri" - Daniele Germani

Tre protagonisti: una donna, un uomo, un pazzo.
La donna rimpiange di aver smesso di suonare il pianoforte e di aver lasciato la musica per dedicarsi alla famiglia. “Non sapeva dare una giusta collocazione a quello che stava accadendo alla sua vita. Stava diventando una vecchia, di quello se ne rendeva perfettamente conto…Quando era accaduto tutto? Quand’è che tutto aveva iniziato ad andare in una direzione così lontana dalle sue aspettative?...Che cosa era successo? Il futuro l’aveva investita, non era stata capace di impedire a suo marito di metterla incinta. La questione ruotava intorno a quel fatto, a quell’incidente. L’incidente”.
L’uomo è ossessionato da una nota stonata, che non gli dà pace risuonandogli nella testa. “C’è questa nota stonata che si ripete ogni tanto, è quasi ritmica, prende e leva. Sembra un jazz suonato male, un jazz suonato talmente male da diventare quasi logico, quasi buono. Sembra un tritono, una brutta dissonanza, e confonderebbe anche i musicisti più esperti che non saprebbero capire se si tratta di una sequenza ascendente o discendente. È lì e ogni tanto si ripropone, sempre la stessa, sempre negli stessi accordi, si fa sentire e poi si congeda, senza preavviso…”
Il pazzo, poi, vuole preparare una bomba, per distruggere quel padre che non lo ha mai accettato. “Io parlo sottovoce. Soltanto sottovoce. Sono stato obbligato a farlo per quasi vent’anni e alla fine è diventata un’abitudine. Dove vivevo se non si parlava sottovoce si commetteva peccato. Non ho mai ben capito quale, ma dopo le prime due bastonate mi fu chiaro che era meglio non fiatare. Al massimo bisbigliavo”.
Siamo all’inizio degli anni ’80. I manicomi sono ormai chiusi grazie alla Legge Basaglia del 1978: ma la chiusura implica anche la guarigione delle persone che vi erano ospitate? Che cosa significa guarire in questo caso? E che cos’è la pazzia? Qual è il confine fra pazzia e la cosiddetta “normalità”?
Come eliminare la polvere e altri brutti pensieri è una storia particolarissima, con una struttura che può essere definita geniale e che è una vera sfida per il lettore. Questa è una storia grazie alla quale ci si interroga: sulla realtà, sul modo di guardare agli altri, sulla presunta normalità delle nostre vite. Si riflette sulla facilità con cui si emettono giudizi sugli altri, giudizi che pesano come sentenze di condanna. Giudizi che, spesso, sono emessi proprio dalle persone che dovrebbero capirci, sostenerci. Impossibile non provare una forte simpatia per i tre protagonisti: non solo viene voglia di abbracciarli, ma viene anche voglia di guardarsi intorno e capire meglio le persone che sono accanto a noi, di scavare nella loro rabbia, di provare a lenire il loro dolore, di comprendere la loro difficoltà di vivere.
Come eliminare la polvere e altri brutti pensieri non lascia indifferenti. Dopo la lettura resta una forte sensazione di coinvolgimento e, allo stesso tempo, di irrealtà. Una sensazione che spinge a riprendere in mano il libro per cercare di capire di più, di comprendere meglio quello che l’autore racconta e comunica attraverso i tre protagonisti.
Come eliminare la polvere e altri brutti pensieri è uno di quei libri che vale la pena leggere e che, a fine lettura, fa pensare che non leggerlo avrebbe rappresentato una mancata opportunità di crescita e di riflessione.
Daniele Germani ci racconta il suo romanzo, a partire dal titolo…
Come nasce la storia di questo romanzo, particolarissimo fin dal titolo “Come eliminare la polvere e altri brutti pensieri”?
Ottima domanda. La storia nasce dal titolo, come già era nata la precedente di “Manuale di fisica e buone maniere”. Intorno ci ho costruito tutto. Nel tempo ho capito che non è che sia un modo molto normale di procedere, ma tant’è. Per entrambe le pubblicazioni ho accettato modifiche più o meno sostanziali al testo da parte dell’editore, ma una cosa che ho chiarito subito era che i titoli non potevano essere modificati. Una volta messo nero su bianco, ho cercato di capire cosa potessero avere in comune polvere e brutti pensieri, ma anche fisica e buone maniere, e qualcosa alla fine l’ho trovato.
Avevi già in mente tutta la storia o è venuta “a trovarti” strada facendo, mentre scrivevi?
No, sapevo soltanto che volevo scrivere qualcosa riguardo l’ineluttabilità delle cose, di come nulla può essere programmato e deciso a priori e soprattutto di come il destino non esista, concludendo un discorso iniziato con il primo romanzo, il Manuale. In quel periodo ricordo che stavo approfondendo, per pura curiosità personale, la questione riguardante la legge Basaglia e quando è arrivato il titolo, come dicevo precedentemente, mi è sembrato che quell’argomento gli si potesse in qualche maniera avviluppare. All’inizio volevo che l’argomento fosse altro, non avendo un soggetto ben preciso, e nello specifico di lotta armata. Ho così iniziato ad informarmi approfonditamente di questo, ma qualcosa non quagliava e le preziosi osservazioni di mia moglie Marianna mi hanno fatto virare verso quello che poi è diventata la storia di Polvere. Quindi sì, la storia è venuta a trovarmi strada facendo e seguendo l’unica traccia che avevo, ovvero il titolo, alla fine la trama si è allineata e sono riuscito a dare un senso al tutto, sia alla polvere che ai brutti pensieri. La lavorazione di entrambi mi ha richiesto circa un mese, un mese e mezzo; parlo ovviamente della prima stesura. Grazie al mio Agente, Andrea Carnevale di Edelweiss, che non ringrazierò mai abbastanza, questa informi prime stesure sono poi diventate un testo da presentare agli editori.
Qual è il libro, se esiste, che ti ha fatto pensare “questo avrei proprio voluto scriverlo io”?
Semplicemente Il processo, anche a costo di risultare banale. Nel mio piccolo ho cercato, sicuramente senza successo, di ricreare uno stato di confusione nei protagonisti simile a quello che troviamo nel testo di Kafka. Però ripeto, è stato solo un tentativo e sono certo di non esserci arrivato neanche lontanamente.
Se dovessi scegliere tre libri da portare con te su un’isola deserta, quali sarebbero e perché?
Non saprei cosa scegliere. Forse tre di quei libri che poi ogni tanto uno si rilegge per piacere. Quindi direi “L’ombra dello scorpione” di Stephen King, “Papillon” la meravigliosa autobiografia di Henri Charrière e “Il giorno del riscatto” di Brendan Dubois, un distopico che ogni tanto mi rileggo. Se me ne potessi portare un quarto, ti direi “Il padrino” di Mario Puzo, l’unico libro che ho letto in 3 lingue differenti.
Io ho sempre pensato che la lettura abbia un potere terapeutico e che, spesso, i libri si facciano trovare proprio quando servono. Hai un libro o un autore di salvataggio?
A dire il vero no, e chi legge sicuramente storcerà il naso, ma dopo aver pubblicato il mio secondo romanzo ho praticamente smesso di leggere. Leggevo tantissimo, quasi di tutto, dagli impegnati ai leggerissimi. Poi non so cosa mi sia capitato e mi sono reso conto che non avevo più voglia di leggere nulla. Però guardo al passato e ti posso dire un romanzo che la vita me l’ha salvata. Si tratta di Non buttiamoci giù di Nick Hornby. L’ho letto in un momento davvero difficile della mia vita e una frase mi ha fatto capire che avrei dovuto cambiare la mia vita in tutto. Ho capito che avrei dovuto muovermi e non restare impantanato nelle mie crisi post adolescenziali. Allora ho lasciato l’Italia e mi sono trasferito all’estero, dove ho vissuto per quasi 10 anni, finché non ho incontrato Marianna e nel 2016 siamo tornati in Italia, dove abbiamo fatto nascere nostra figlia Nikita.
A che cosa stai lavorando ora?
A nulla in verità, ho provato a scrivere altro dopo la pubblicazione di “Polvere” ma poi è arrivata la pandemia che mi ha cambiato profondamente e ho ritenuto lo scrivere come un’attività da poter mettere da parte. Sono certo che sia una questione temporanea e che prima o poi tornerò a scrivere e a leggere, ma ora sto benissimo così. Ho ripreso a suonare la chitarra e mi sento soddisfatto di sfogare così la mia vena artistica, ben limitata, sia chiaro. Una cosa però ci tengo a comunicarla, ovvero che dopo aver ricevuto tantissime richieste di ripubblicazione del “Manuale di fisica e buona maniere” ho deciso finalmente di pubblicarlo in versione Ebook. Sono rimasto davvero sorpreso da quante persone me lo chiedessero con messaggi privati e allora credo che questo testo possa avere anche un seconda vita. Anche perché l’ho inviato a tantissime persone che me lo chiedevano in formato pdf. Magari apprezzeranno la versione Ebook.