Ambiente ed economia sostenibile in Costituzione

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L’ambiente tra i valori fondamentali (art. 9 Cost.)

Quando nel 1947, dopo lo sfascio del fascismo e le rovine della guerra, si pose mano alla Costituzione repubblicana, non apparve ancora “matura” la necessità di inserire la tutela dell’ambiente nel catalogo dei princìpi fondamentali elencati negli articoli da 1 a 12

Ciò perché l’ambiente - probabilmente ritenuto ricompreso nella più ampia portata del diritto fondamentale alla “salute” (art. 32) - non era allora percepito come “valore” o “bene” a rischio, e pertanto non meritevole di espressa tutela; tanto più che all’epoca non erano neppure evidenti i gravi sconquassi che sarebbero stati, in seguito, causati da molteplici sempre più aggressive forme di inquinamento. 

L’art. 9 Cost. si limitò perciò ad assegnare alla Repubblica (cioè a tutti noi e alle diverse istituzioni) il dovere di “promuovere lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”, e di tutelare “il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

La legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 - approvata con ampia maggioranza - ha ora aggiunto al citato art. 9 un terzo comma che assegna alla Repubblica la “tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”; riservando inoltre alla legge dello Stato la disciplina relativa alla “tutela degli animali”, considerato che il loro benessere rappresenta fattore utile alla salvaguardia dei vari connessi ecosistemi.

Qualcuno considera la Riforma in esame in qualche modo ardita, avendo osato “ritoccare” - per la prima volta - uno dei 12 articoli introduttivi della Costituzione, da sempre ritenuti “intoccabili” nel quadro della ristretta elite dei principi fondamentali. 

In realtà, l’inquadramento tra i principi fondamentali colloca finalmente l’ambiente tra le fonti primarie da cui trae legittimazione l’intero catalogo (di rilevanza politica) dei diritti e dei doveri; così consacrando la identificazione del valore-ambiente con le più diverse forme di vita che si agitano sulla terra, e che passano attraverso il mistero del tempo.

L’improbabile intesa ecologia-economia

Il nuovo art. 9 Cost. si propone dunque di dare una copertura, al più alto livello dell’ordinamento, alla transizione ecologica in atto.

La norma perciò presta una inedita attenzione (speranzosa?) agli interessi delle future generazioni, e richiama la piena intesa tra la ricchezza della biodiversità degli organismi viventi, la complessa preservazione degli ecosistemi e la tutela degli animali

E’ questo il risultato della lenta maturazione di un accidentato percorso storico-culturale che, quanto al diritto, prosegue anche nel solco tracciato, sin dai primi anni ’70 del secolo scorso, da talune interpretazioni “evolutive” dei pretori verdi (tra cui chi scrive). 

Resta comunque tuttora aperto il dibattito circa il progressivo sfilacciamento dello stretto collegamento - ben collaudato da secoli di sana convivenza - tra la natura e il suo consumo, ossia tra eco-logia ed eco-nomia

Infatti, pur avendo i due termini la stessa etimologia (“eco”, dal greco óikos, casa, abitazione), sin dall’avvio della prima rivoluzione industriale, la “regola” (nómos) della casa comune è stata orientata verso il dominio assoluto del denaro; trasformatosi da mezzo di scambio a condizione che subordina a sé qualsiasi scopo, uomo compreso (ridotto oggi a semplice “merce”). 

Da qui l’uso aggressivo-appropriativo delle non indefinite risorse della biosfera (acqua, aria, suolo), lo sviluppo sempre più sofisticato della tecnica, che ha asservito anch’essa a sé ogni cosa trasformando radicalmente il paesaggio, il consumismo che diffonde stili di vita (e rifiuti) insostenibili e … via devastando.

Nel bel mezzo di questo andazzo, l’ordinamento giuridico è rimasto ostaggio della logica corruttiva propria del profitto individuale, nonché di indirizzi politici di tipo bizantino, e della irragionevolezza gestionale da parte di tecnocrati, alquanto esperti nell’arte dello scaricabarile. 

A questo riguardo è sufficiente citare la Legge costituzionale 18.10.2001, n. 3 la quale, nel sostituire l’originario art. 117 Cost., ha attribuito allo Stato l’esercizio della potestà legislativa esclusiva nelle materie - tra le altre - della “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”. 

La stessa norma include poi - tra le altre - le materie della “tutela della salute, della protezione civile e del governo del territorio” nel quadro - per sua natura conflittuale - della “legislazione concorrente”.

Conflitto perciò accentuato dal fatto che, in queste ultime materie, “spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali”.

Il conseguente assetto normativo, amministrativo e territoriale tipo Arlecchino è ormai ben descritto dagli studiosi tra le cause prime dell’attuale degrado; alla faccia dei vincoli del diritto comunitario sullo sviluppo duraturo green, della economia circolare e della ora magnificata resilienza

Sostenibilità e Costituzione della Terra

Esperti e analisti concordano nell’attribuire la “responsabilità” della grave compromissione degli habitat naturali e della vita sul pianeta, oltre che alla insostenibile pressione antropica di 8 miliardi di consumatori (… e non), in particolare agli effetti deviati della “iniziativa economica libera”, come definita dall’art. 41 Cost.

I costituenti, formati alla cultura mediata tra liberalismo e socialismo, posero precisi limiti alla suddetta libertà, e perciò la assoggettarono al rispetto della “utilità sociale”. Specificando poi che tale iniziativa deve evitare di svolgersi “in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (infortuni sul lavoro a parte!). 

La riforma costituzionale in esame, oltre al citato art. 9 Cost., ha contestualmente integrato anche l’originario testo dell’art. 41 Cost. Limitandosi tuttavia ad aggiungere ai sopra menzionati “danni” da evitare, altresì quelli riferiti ai nuovi contesti “malati”, ossia alla “salute e all’ambiente”.

La Riforma prescrive, infine, che l’attività economica pubblica e privata deve essere indirizzata e coordinata non solo “a fini sociali”, ma anche a quelli “ambientali”.

Si teme però che da sola la Riforma, enfaticamente definita epocale, possa in realtà non servire a molto, salvo a dare un assist ad una nuova eccezione di legittimità delle leggi dinanzi alla Corte costituzionale. Resta tuttavia il rischio che anche tali innovazioni, alla stregua di tante altre leggi, possano fare la fine dei cruciverba che, una volta compilati, non interessano più e vengono cestinati.

Per dare “anima” alla Riforma servirà piuttosto la radicale rivoluzione di un capitalismo vorace e predatorio e di un sistema industriale ecologicamente insostenibile; anche se è evidente che la tutela dell’ambiente è un problema globale, che richiede una risposta globale da parte di 196 Stati sovrani.

Risposta peraltro poco probabile, considerata l’attuale crisi del processo geopolitico e commerciale della globalizzazione. Una crisi (energetica, climatica, nucleale, ecc.) tra l’altro aggravata dalla pandemia Sars-Cov2 e dalla guerra di Ucraina; eventi questi ultimi certamente non programmati da una fantomatica “Agenda globalista” ipotizzata sul modello del complottismo no-vax.

Intanto è urgente intervenire, visto che ad es. l’innalzamento del livello del mare sta ormai rendendo inutilizzabili i piani bassi dei grattacieli di Miami (Usa). 

Tutto ciò rende necessario accelerare l’approvazione delle proposte contenute nella bozza di Costituzione della Terra, condivisa come vincolo planetario verso una profonda conversione ecologica

Infatti, solo questo Patto (da cui pax, pace) potrà preservare la natura e insieme prevenire i conflitti futuri, causati dal bisogno di accaparrarsi le sempre più scarse risorse primarie e secondarie dell’ecosistema: combustibili, minerali, idriche, aree fertili …