Amore e famiglia, due fortilizi di resistenza al capitalismo nichilista

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L’amore e la vita familiare sono disinteressati e altruisti. Con le parole di Giulietta che tanto colpirono Hegel: “più ti do più ho”. Nel nesso d’amore, ma poi anche nel legame che unisce la madre al figlio, non vi è spazio per la logica del fanatismo dell’economia e per il do ut des: vige un nesso di pura solidarietà gratuita, la logica donativa che già contesta, per sua natura, l’economia di mercato e la mercantilizzazione di tutti i rapporti. Per questo, il capitale odia la famiglia e l’amore: alla famiglia, sostituisce individui atomici unificati solo dalla liturgia del libero scambio (il “sistema dell’atomistica” denunciato da Hegel); all’amore, sostituisce quel succedaneo alienato che è “l’amore liquido” e intimamente autistico, quei rapporti di puro godimento individuale in cui l’altro figura sempre e solo come pretesto per il piacere autoreferenziale dell’io frantumato.

Il capitalismo paralizza oggi, pertanto, l’umanità nella fase estetica di kierkegaardiana memoria: impedisce ogni salto verso la stabilità etica e verso una trascendenza religiosa. Ci vuole tutti come il Don Giovanni: in assenza del limite e dell’autorità, non vi è più ragione di opporsi al puro godere fine a se stesso e senza futuro, all’appagamento volgare senza differimenti e limitazioni, ossia alla cifra della gretta morale iperedonista di un sistema che deve indurre al consumo tantalico senza freni inibitori, nella ricerca di un nuovo che è sempre lo stesso. Inseguendo il mito del nuovo, Don Giovanni, proprio come i suoi odierni successori postmoderni, ripete sempre e solo la stessa esperienza di godimento acefalo e autistico, che mai si stabilizza in forme etiche.

Tutto il contrario con la vita etica familiare: in essa la naturale differenza dei sessi – che per Hegel sono due, ragion per cui non dovremmo stupirci se un giorno o l’altro lo vedessimo diffamato con l’etichetta di “omofobo” – si sviluppa in senso etico, si sedimenta in una forma che trascende il semplice piacere e assume una struttura sittlich: la dualità raggiunge una superiore sintesi in una nuova unità – l’unità della vita familiare –, che non neutralizza, ma al contrario valorizza l’individuo realizzandone le potenzialità comunitarie. Scrive Hegel: “in virtù della sua razionalità, la determinatezza naturale dei due sessi riceve un significato intellettuale ed etico. Questo significato è determinato dalla differenza in cui la sostanzialità etica – in quanto essa è il concetto in se stesso – si dirige per raggiungere, a partire da quella differenza, la propria vitalità come unità concreta” (§ 165).

La famiglia stabilizza nel tempo il sentimento dei coniugi, sottraendolo allo scorrere del tempo. Come ricordato da Bauman in Amore liquido, nel tempo della transitorietà universale non vi è più legame stabile e solido: e anche l’esperienza amorosa finisce sempre più spesso per essere “a tempo determinato”, strutturalmente precaria e insoddisfacente. Si eclissa la formula romantica “finché morte non ci separi”. In suo luogo, si ha una dilatazione spropositata dei confini delle esperienze dette amorose: accade, così, che anche una fugace relazione di una notte viene impropriamente etichettata come “relazione d’amore”.

Del resto l’amore vero, istituzionalizzandosi nell’eticità della vita matrimoniale, resiste al tempo e, insieme, introduce in esso l’unica esperienza dell’assoluto e dell’eterno che sia possibile nel piano dell’immanenza: ossia quella del legame d’amore con l’altro inteso come insostituibile, nella forma di una relazione che aspira a durare per sempre. Per questo, come sapeva Lacan, la parola magica dell’amore è quell’encore in cui si condensa la fedeltà al medesimo. Il vero amore cresce mentre si consuma: assume la forma di un inconfessabile volere ancora uno stesso che non basta mai. La persona amata diventa insostituibile e, tramite il matrimonio, si istituzionalizza tale fedeltà al medesimo.

Come ricorda Massimo Recalcati in Non è più come prima, il nostro è il tempo dell’“ideologia del nuovo”, in cui nessun sentimento e nessun legame possono stabilizzarsi. Essi sono vissuti, alla stregua della circolazione delle merci, come soddisfazioni transeunti e mai definitive. L’amore, dal canto suo, in quanto fedeltà al medesimo, ma poi anche in quanto conferma e durata, costituisce una forma di resistenza alle logiche illogiche del presente, in grado di sperimentare solo il godimento acefalo della monade isolata.