Covid, situazione drammatica o informazione terroristica? Ne parliamo con la dottoressa Baione

Dopo le ultime ordinanze anti-Covid in Regione Campania, e più in generale rispetto al clima che si respira in tutta Italia, tutto lascia immaginare che ci si stia incamminando verso una nuova fase di totale lockdown. Prospettiva orribile, se si pensa alle già precarie condizioni economiche in cui versano molte aree del Paese, a cui fa però da contraltare una situazione di panico diffuso e generalizzato che in alcuni casi supera ogni razionalità. Ma quanto può essere giustificato questo isterismo collettivo, che spesso appare contagiare le stesse istituzioni? Quest’ultime infatti sembrano sempre di più assumere atteggiamenti più atti ad alimentare il panico nella popolazione, che a fornire adeguate ed efficaci risposte ad un’emergenziale questione sanitaria.
Per capirne di più, oggi ne parliamo con la Dottoressa Maria Teresa Baione medico pediatra di lunga esperienza, già aiuto di pediatria al San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona, ex docente universitaria, nonché consigliere comunale con delega alla Sanità della Città di Salerno tra il 1994 ed il 2006.
Dottoressa, rispetto al continuo crescere dei contagi che ci viene segnalato insistentemente dagli organi di informazione la situazione è veramente preoccupante così come viene mediamente percepita? Stiamo andando veramente incontro a quella catastrofe sanitaria che qualcuno ipotizza?
Di fronte ad un certo modo di fare informazione abbiamo il dovere di dare un messaggio di serenità, che non vuol dire essere “negazionisti” o in nessun modo abbassare la guardia rispetto alle opportune precauzioni da prendere nei confronti del virus, ma vuol dire riportare le notizie nella loro giusta dimensione. Penso pertanto che innanzi tutto vadano precisate alcune cose, rispetto al messaggio che sta passando tra la gente. Bisogna avere ben presente che “positivo” non vuol dire “malato”, quindi un numero elevato dei positivi, risultante dai tamponi molecolari, non deve necessariamente significare una pericolosa diffusione del contagio. In che senso?
Fornire dati in maniera cumulativa da parte dell’informazione non ha molto senso, se non quello di diffondere un panico immotivato tra la gente e confondere le idee. Tanto per iniziare i tamponi sono tutt’altro che uno strumento infallibile rispetto a tale tipo di accertamenti, ma avrebbero un senso indicativo se, i loro risultati, venissero quantomeno corredati da una integrazione della ricerca di carica virale, in maniera da stabilire una “soglia di sicurezza”, un limite al di sotto del quale non ha alcun senso isolare la persona che risulta positiva alla presenza del virus. E’ da considerarsi un fatto positivo, in tal riferimento, che almeno in Campania da qualche settimana insieme al dato complessivo dei “positivi” viene specificato il relativo numero degli asintomatici, molto più alto dei sintomatici.
Quindi se ho ben capito non tutte le persone che risultano positive al tampone sono “pericolose” dal punto di vista del contagio. Che senso ha dunque questa caccia agli “asintomatici” che viene spesso invocata e messa in pratica?
In effetti, dal punto di vista scientifico, non ha molto senso. Una persona sintomatica ha un corredo di manifestazioni specifiche, tosse, mal di gola, mal di testa, febbre, congiuntivite, perdita di olfatto o gusto, per non parlare di uno stato più avanzato, che sono il viatico attraverso cui la malattia si contagia, non si capisce il modo in cui il contagio possa avvenire – se non in rari casi -, attraverso gli asintomatici.
Quindi la situazione, non è detto che stia realmente precipitando come sembrerebbe, con il relativo paventato collasso delle strutture sanitarie e le terapie intensive insufficienti.
Basta dare un semplice sguardo ai numeri reali, per vedere come la percentuale dei ricoveri rispetto ai tamponi positivi sia estremante bassa, situazione assolutamente differente anche rispetto ai numeri del marzo scorso. Rispetto a questi numeri poi, c’è da dire che non sempre si tratta di ricoveri strettamente necessari, spesso ci sono ricoveri di tipo “sociale” ovvero di persone, magari anziane, che non hanno alcun tipo di assistenza familiare o dovuti ad un eccesso di zelo riconducibile al “terrore” diffuso.
Ma come mai il nostro sistema sanitario appare così inadeguato anche rispetto ad una situazione che come sta dicendo, per quanto seria, non ha i tratti catastrofici che le si vogliono attribuire?
Negli ultimi anni la sanità territoriale è stata depauperata delle sue articolazioni per quanto riguardava i dipartimenti di sicurezza e di prevenzione, quelle strutture che vedevano come figure apicali gli ufficiali sanitari. Il loro compito era appunto quello di esercitare la prevenzione sulle malattie che potevano assumere andamenti epidemici. I criteri aziendalistici di gestione della sanità hanno causato innumerevoli danni, la salute della popolazione non può essere subordinata a criteri ragionieristici. Una medicina del territorio adeguata, avrebbe gestito anche la fase dei tamponi tranquillamente, senza generare ulteriore caos come sta accadendo.
Lei boccia, però, questo modo di affrontare l’emergenza Covid da parte delle autorità, non solo rispetto ai pregressi problemi strutturali della Sanità, ma anche rispetto alle straordinarie misure intraprese.
Eventi funesti come sono le epidemie fanno parte della vita, l’uomo deve essere capace di governarli non esserne dominato, sapendo che il tributo in termini di ammalati e morti è inevitabile. In passato, con minori mezzi e strutture ospedaliere senza alta specializzazione di fronte a situazioni similari, se non più gravi, siamo riusciti ad uscire dalle emergenze senza paralizzare la Nazione e danneggiarne irrimediabilmente l’economia.
Cosa suggerirebbe al Governo per affrontare meglio questa presente emergenza?
Sinceramente ho l’impressione che il Governo si sia avvalso, in questa circostanza, di consulenti tecnici esperti di statistiche e logaritmi più che di veri clinici. La scienza si fa partendo dal confronto e dalle esperienze, aver messo da parte, o liquidato con sufficienza, medici di grande esperienza e di indiscusso valore come Zangrillo, Tarro, Bassetti, Palù, Bertolaso, ma ve ne sono tanti altri, solo perché non allineati al “verbo” dei nuovi “scienziati di regime” mi sembra sinceramente incomprensibile. Forse a qualcuno il sensazionalismo interessa più della medicina!