Fanfani, Di Maio e Fusaro...chi più ne ha, più ne metta

Non credo alle coincidenze: nel momento in cui l’ex vice premier, oggi ministro degli esteri, Giggino da Pomigliano Di Maio, avverte l’esigenza di eternare la propria illustre carriera politica, consegnandola ai posteri mediante la prima opera letteraria scritta di proprio pugno, con tanto di elogio all’ostentata abbronzatura dell’ex premier Giuseppe Conte; contestualmente, all’intellettuale Sabino Morano sovviene la stravagante idea di esternare un auspicabile ritorno ad una sorta di umanizzazione della società, dissotterrando dagli oscuri meandri di una cultura ormai obsoleta - date le letture proposte dall’attuale classe dirigente - “Le origini dello spirito capitalistico in Italia”, una vera e rivoluzionaria indagine sul perché si sia arrivati all’attuale oligarchia finanziaria. Ed è qui che è concesso al lettore poco incline alla intercambiabilità delle cariche governative di confondersi sul chi dei due autori detenga attualmente un ruolo apicale nell'attuale panorama istituzionale. Vi giuro che è tutto vero!
Merito di ostinata audacia - ahimè, più unica che rara - va dato alle Edizioni di Ar, la quale casa editrice, nonostante i canti soavi e ammaliatori delle tante “ulissiche sirene”, cerca di proporre al proprio pubblico soluzioni di ragionamento osteggiate, perlopiù, da una rassegnata assuefazione al conformismo banale e dilagante.
Amintore Fanfani, padre di un fare politica - e soprattutto pensare ad essa – completamente lontano da quello adottato dagli omologhi contemporanei, tenta di confrontare virtualmente le proprie posizioni con quelle di Sombart e Weber. Il primo sostiene che un abbandono delle vecchie convinzioni tomistiche, di quella morale cristiana predominante ed ostativa rispetto ai corrotti istinti umani, volti a privilegiare l’egoismo rispetto alla dedizione al prossimo, abbia dato vita alla degenerazione del capitalismo, non per natura improbo. Per i teutonici, invece, fu la troppa religiosità a traghettare, mediante l’imbroglio delle indulgenze, una società precapitalistica accettabile verso una disdicevole corsa all’accumulo di ricchezze.
Al di là di dove risieda una verità storica più condivisibile tra le opinioni in campo, la forza di questo testo sta nell’evidenziare, con estrema inconfutabilità, un palese deragliamento di ciò che era considerato capitalismo e ciò che, impropriamente, oggi si intenda con tale, inopportuno, appellativo. Ed è proprio la visione di Fanfani, che condivido pienamente, a riassumere e confermare il mio dissenso nei confronti delle legittime idee dell'amico filosofo Diego Fusaro (vedi il mio articolo Considerazioni e riflessioni su "Difendere chi siamo"), in quanto ciò che oggi si reputa capitalismo risulta essere nient'altro che la cosiddetta crematistica aristotelica: quell’incessante sforzo verso la “moltiplicazione delle ricchezze”, totalmente scollato da qualsivoglia principio morale. E fa bene Sabino Morano a parlare di “industria finanziaria…in conflitto con lo svolgersi dell’economia reale”. E’ in tale baraonda monetaria che si impone la “sovranità dei mercati”, in assenza di una politica che dovrebbe rivendicarne il primato ma con la complicità della pseudopolitica attuale, che Politica non è.
La rivolta universale contro la civiltà capitalistica, fatta in nome d'un ideale di dignità e di giustizia umana, prova che la coscienza cristiana può addormentarsi ma non può morire. (Amintore Fanfani)