Il nuovo conformismo di sinistra

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Le istanze rivoluzionarie e a tinte rosse del comunismo sono state rimpiazzate da quello che già Pasolini condannava come “il conformismo di sinistra”, che oggi si presenta sotto le insegne dell’arcobaleno e sotto le tonalità cromatiche del fucsia: è quello che potremmo anche definire come l’inglorioso transito dalla sinistra comunista alla sinistrash postmoderna e liberista.

Non soltanto la sinistra ha abbandonato l’uguaglianza per l’omologazione e l’internazionalismo per il globalismo mercatista: in nome del mito del progresso (del capitale, s’intende), la rainbow left, ove si sia trovata a governare, ha smantellato tutto ciò che la sinistra rossa aveva attuato (pensioni e 35 ore, contratti indeterminati e statuto dei lavoratori). Ha alacremente fatto sue le lotte del padronato e del Capitale, ossia del suo tradizionale nemico.

Come più estesamene si è sottolineato in Glebalizzazione, la sinistra aderisce al neoliberismo nascondendosi dietro la parola d’ordine dell’indebolimento dello Stato nazionale, identificato toto genere con il fascismo: si finge di non sapere che quell’indebolimento emancipa soltanto le classi dominanti e il mercato, dacché lo Stato nazionale, lungi dall’esaurirsi nell’esperienza del fascismo, è stato anche il luogo dei diritti sociali e del controllo più o meno socialdemocratico dell’economico.

In quello che può a giusto titolo considerarsi come l’esaurimento della dicotomia tra una destra e una sinistra ora di fatto coincidenti in quanto partiti di rappresentanza dell’alto contro il basso (del Signore contro il Servo), regna ovunque un estremismo di centro, in cui sono rimosse le forze non allineate con l’ordo oeconomicus e le forze in campo nell’agone politico tramettono in forme plurali il medesimo messaggio, frazionando e facendo apparire molteplice il medesimo.

In tal guisa, l’alternanza sostituisce l’alternativa. O, se si preferisce, prevale un’alternanza a senso unico, che occulta il liberismo – ossia il solo orizzonte concesso – dietro un pluralismo proditorio: in cui i plurali ribadiscono sempre il medesimo, ossia la sovranità del mercato globale e la supremazia geopolitica atlantista.

Se il Novecento, con i regimi che lo popolarono, conobbe la forma infame del partito unico (con persecuzione ed esclusione di tutti gli altri), l’epoca dell’alternanza senza alternativa sperimenta, per parte sua, l’inedita figura della razionalità politica unica: tale razionalità politica unica, che coincide con il liberismo come governo dei mercati e per i mercati (o, se si preferisce, come riduzione del politico a continuazione dell’economico con altri mezzi), impone che ad essa si subordinino la competizione tra partiti e l’alternanza senza alternativa del fronte unico liberal-nichilista formante l’ingannevole bipolarismo di destra e sinistra.

La razionalità politica unica del liberismo fa sì che destra e sinistra si risolvano, de facto e al di là di ogni apparenza, in due fazioni dell’oligarchia politica egemonica, ossia del dominante blocco oligarchico neoliberale: del quale rispecchiano unitariamente gli interessi di classe quanto più dissimulano tale granitica unitarietà dietro l’apparente opposizione. Nell’epoca dell’alternanza senza alternativa, è concesso essere liberisti di destra e liberisti di sinistra, ma non è permesso non essere liberisti, pena l’essere diffamati e marginalizzati mediante le apposite categorie proscrittive della neolingua.

V’è, invero, una certa differenziazione dell’offerta politica, tra il quadrante destro e il sinistro, sul mercato elettorale: d’altro canto, il mercato vive di offerte plurime, tutte diverse e, insieme, tutte organiche al mondo della libera circolazione. Le merci debbono, in altri termini, essere diversificate, ma sempre debbono – questo il punto – confermare l’ordine della mercificazione: che si scelga la merce A o la merce B, si sceglie comunque il mondo della merce.

Ciò dà, quindi, luogo a una scelta che solo nominalmente può essere detta tale: la vera scelta, infatti, consisterebbe nel sottrarsi alla scelta preordinata tra un A e un B che sono espressioni diverse del medesimo; consisterebbe, di conseguenza, nell’optare per un tertium datur che, irriducibile a ciò che c’è, mettesse realmente in discussione l’ordine che A e B, con la loro falsa antitesi, semplicemente già da sempre riconfermano.

Proprio come nel caso delle merci diversificate, anche la differenziazione politica tra il quadrante destro e quello sinistro esiste, ma mai va a toccare – o anche solo a menzionare – i fondamenti del blocco egemonico dell’oligarchia neoliberista e del nuovo ordine mondiale mercatista. Il quadrante della sinistra fucsia è, ad esempio, più libertario nella questione dei costumi individuali, mentre quello della destra bluette – da sempre attenta al danaro più che agli interessi nazionali – è più apertamente liberista nella sfera dell’economia: ma, al netto di queste sfumature, la visione dell’economia e dei rapporti tra gli uomini resta la stessa e va sotto il nome di liberismo o, se si preferisce, di governo per il mercato.