Martone alla conquista del palmeto di Cannes

È una storia che parte da molto lontano quella dell’unico regista italiano che rappresenterà i nostri colori in cerca di fortuna nella categoria principale della rassegna cinematografica più acclamata d’Europa.
Mario Martone è – per dirla male – un gran bel pezzo di graffitaro che da sempre, con le sue bombolette in celluloide e qualità blu-ray, ha deciso di dedicare la sua produzione al racconto della sua città. Ma anche di ciò che si stende immediatamente oltre i suoi confini. Napoli non è un universo chiuso, anzi, tutt’altro: come la caldera che la percorre per chilometri e chilometri sottoterra costituendo la somma a noi nota come Campi Flegrei, così le immagini impresse su camera sotto la firma del direttore artistico partenopeo raccontano di un mondo speciale e variegato tenuto insieme da poche sillabe, scandite spesso in dialetto (Napule).
Dopo la brutta figura di Tre piani di Nanni Moretti, incapace di riscuotere un beneplacito né dai critici né dal pubblico, la patata bollente passa ad un altro top player del cinema d’alto borgo di casa nostra. Dal Trentino alla Campania, dal profondo nord al caloroso sud, dall’introspettivo e indagatore cinema dell’autore de Il caimano ad un modo d’intendere la macchina da presa più snello, più smilzo, forse più lineare. Non si tratta di una valutazione o di una preferenza generica tra due mostri sacri del lungometraggio made in Italy, quanto piuttosto una evidente distanza di stile tra di essi. E detto questo, è bello ciò che piace.
Tornando a noi e al nostro Jorit del grande schermo, al settantacinquesimo Festival del cinema di Cannes, Martone avrà la possibilità di competere per il Grand Prix della giuria con una vasta selezione di avversari davvero temibili. Su tutti, a spaventare, è d certo il grande ritorno del maestro David Cronenberg con il suo Crimes of the future, il cui potere conturbante e controverso appare già chiaramente nelle primissime immagini rubate alle scene, tra leaks e prime apparizioni.
Martone sarà davvero l’unico italiano in un contesto internazionale? Ebbene, sì e no. A partecipare nella sezione principale ci sarà infatti anche Valeria Bruni Tedeschi, italiana naturalizzata francese, con il suo Les amandiers. A fare compagnia a Martone poi, ecco anche Esterno notte, serie di Marco Bellocchio che torna ad indagare un caso da lui già analizzato in un film quasi omonimo: la vita (e l’assassinio) di Aldo Moro.
Ma, al di là di questi dettagli di contorno, si può dire che il nostro vero contendente per il titolo sarà proprio Martone. Quale sarà il suo film in concorso? Il titolo è: Nostalgia. Una parola, tutto un programma. Il protagonista (come non optare per il magistrale Pierfrancesco Favino, già Coppa Volpi per la miglior recitazione e più volte best actor ai David, in un’occasione proprio in collaborazione con il sopracitato Bellocchio) ripercorre i passi (semi)autobiografici di Domenico Rea, grande scrittore originario della città di Partenope, attingendo alla trama di uno dei suoi romanzi più noti: per l’appunto, Nostalgia. Felice Lasco, alias Favino, dopo una vita costruita all’estero si impone di fare ritorno nella sua Napoli e in particolare nel rione dove è cresciuto, il famigerato Rione Sanità, tornando a fare la conoscenza con tutto quel sistema di regole e norme cui aveva voluto/dovuto sottostare da piccolo. Ma non c’è solo spazio per l’immondizia nel cosmo dipinto da Martone e dalla penna di Rea, anzi: non mancano sprazzi di speranza e di conquista della normalità, incarnati soprattutto dalla figura di Don Rega, parroco ispirato alla figura realmente esistiti di Antonio Loffredo, volenteroso di puntare sui giovani e interpretato da Francesco di Leva (che in precedenza, sempre sotto le abili indicazioni di Mario Martone, del rione Sanità era già stato “sindaco”, ispirandosi all’arcinoto personaggio ideato da Eduardo de Filippo).
Il nuovo lungometraggio di Martone si darà battaglia con gli altri titoli selezionati dal 17 al 28 maggio, ma, al di là del risultato finale, le premesse sembrano essere assolutamente interessanti. Martone non si sposta dalla sua amata città, sua modella e musa ispiratrice, non sempre rispondente agli standard conclamati di bellezza, ma perennemente e a suo modo affascinante, come una delle sirene di Trallallà. La forza di Martone, dai suoi esordi a oggi, risiede proprio in questo: la sua capacità di raccontare una realtà dura, vuoi per le collusioni con la camorra (Il sindaco del rione Sanità) vuoi per la difficoltà del punto di vista femminile di emergere in un contesto ancora – purtroppo – “terronamente” paternalista (Capri revolution, L’amore molesto), o, infine, vuoi per le eminenti biografie tribolate che emergono dalle sue narrazioni (Qui rido io o Il giovane favoloso). Realtà dure, come detto, che però assumono sempre un po’ il gusto di fiaba, di dagherrotipo sospeso tra vero e fantasia, tra sogno e concretezza, in quella tipica salsa meridionale, di spuma del mare che si deposita sul bagnasciuga lasciando la sua impronta, prima di scomparire in un secondo. Raccontare la pesantezza con leggerezza, ammaliare e affascinare, sedurre e abbandonare quando meno ce lo si aspetta: queste le armi letali del cinema di Martone di cui Calvino certamente andrebbe fiero, e – questa è la speranza – armi che speriamo siano ben affilate per conquistare anche un ruolo di primo piano alla presentazione oltralpe.