Notti magiche, inseguendo un goal

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Ormai è chiaro, palese, evidente, inconfutabile ed innegabile, se non per chi ha interesse, o pensa di averne ma si tratta di mera sovrastima narcisista, a confutare ed a negare. Come il cielo, come il mare, l'azzurro è l'ultimo, enorme baluardo contrapposto alla deriva mondiale che si inginocchia al politicamente corretto, ad un antirazzismo di facciata, imposto dalle lobbies mondiali, burattinaie e conformiste, che creano business sulle menti vuote di chi è sprovvisto di ideali e di storia.

L'Italia calcistica rappresenta l'unico momento patriottico condiviso da tutti gli italiani, anche da chi ha sostenuto di tifare Austria, per dichiararsi appartenente alla convenzione dominante, un grido soffocato che urla agli amici social "Sono dalla vostra parte, come voi, omologato ad un pensiero unico egemonico" che, in verità, non gli appartiene, per cultura, discendenza; perché alla fine al gol di Chiesa ha esultato pure lui, italiano tra gli italiani.

Ebbene, inizia la partita. Dentro o fuori! C'è da buttare il cuore oltre l'ostacolo, seppur si parli di un impaccio nettamente inferiore al nostro gioco, alla nostra tradizione. Si parte: Fratelli d'Italia, c'è l'inno, e lo stadio di Wembley, come tutto il Belpaese, sprofonda in un silenzio religioso, assordante e commovente, nonostante le spavalderie precedenti di pochi borghesi pseudorivoluzionari.

L'avversario è ostico, molto più del previsto, troppo più del dovuto. Si soffre, per la robustezza teutonica dei tanti austriaci che militano nel campionato tedesco, che praticano un calcio molto difensivo, con ripartenze veloci e puntuali. Fanno goal, ci salva il Var, due volte: troppe!

Gli azzurri finalmente si destano, e in uno sprazzo d'orgoglio, l'italico sangue impone la lotta: "Non passa lo straniero!".

Si va ai supplementari. E' il quarto minuto del primo tempo addizionale: Locatelli intuisce un corridoio per Spinazzola, che cerca il secondo palo, dove trova Chiesa, figlio d'arte, il quale, con difficoltà, addomestica la palla, con il destro se la aggiusta e con il sinistro sfonda quel muro che per più di novanta minuti è sembrato invalicabile, impenetrabile. "Viva l'Italia, l'Italia che non muore".

Dieci minuti dopo, è la volta di Insigne, che dalla fascia sinistra "la butta in mezzo", Belotti controlla male, cade ma riesce a far arrivare la sfera sui piedi di Pessina, che, di rapina, riesce ad insaccare. E' due a zero, ma non è finita. Mancano circa sei minuti allo scadere e l'Austria, che non si arrende, la riapre con Kalajdzic, che sfrutta egregiamente un bellissimo assist dal corner. Crollano le certezze degli azzurri, la tensione è altissima, si subisce ma non si molla.

"Arriva il fischio finale: esulta Roberto Mancini, si abbraccia con Lele Oriali." E' l'abbraccio di un'Italia intera, privata di questo sano e genuino atto di fratellanza per troppo tempo. E' l'atto liberatorio dei figli che hanno pianto i genitori, strappati dalle loro braccia troppo presto; è il gesto catartico di chi ha perso il lavoro, dei reietti, degli esclusi, dei dimenticati, che almeno per una singola, solitaria e limitata notte, si sentono figli di quel tricolore che troppo spesso ha scelto, mediante disonorevoli ed inadatti servitori, di occuparsi dei primi, tralasciando gli ultimi al proprio destino, con il cinismo che non appartiene all'italico costume.

Viva l'Italia, quindi, che ci fa vivere notti magiche, inseguendo quel goal che riesce a farci dimenticare, seppur per un breve lasso di tempo, le disparità enormi imposte da una quotidianità iniqua ed insensibile, mediante quell'abbraccio necessario a far sciogliere la routinaria follia.