Radon: il killer silenzioso

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Quotidianamente parliamo di inquinamento, polveri sottili, emissioni atmosferiche; siamo bombardati da informazioni relative circa la qualità dell’aria; in molte città dei paesi industrializzati sono presenti impianti di monitoraggio che valutano la presenza di inquinanti, ma tutto ciò è sempre riferito all’aria esterna, e dentro casa? Negli ambienti confinati cosa succede?

L’essere umano, salvo poche eccezioni, trascorre la maggior parte del suo tempo in locali chiusi dove a volte la concentrazione di sostanze inquinanti, talora notevolmente pericolose, raggiunge livelli di concentrazione preoccupanti.

Spesso sentiamo parlare di sostanze cancerogene, pochi sanno che solo il 10% circa di tali sostanze sono state riconosciute dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, quali sostanze appartenenti al gruppo 1, ossia dotate di sicuro effetto cancerogeno. Tra queste c’è una sostanza radioattiva naturale da sempre presente nell’ambiente: il gas radon. Il radon è un gas nobile radioattivo, diffusamente presente in natura dove lo troviamo nel suolo e nelle rocce. Poiché è radioattivo se inalato può risultare cancerogeno, la sua capacità di originare neoplasie polmonari è al secondo posto dopo il fumo di sigaretta.

In determinate condizioni, questo gas naturale, può accumularsi nelle nostre abitazioni in concentrazioni tali da determinare conseguenze negative per la nostra salute.

Il radon aumento la sua pericolosità soprattutto negli ambienti polverosi e dove persiste uno scarso ricambio d’aria. Benché la scoperta di questo gas risalga all’inizio del ‘900, solo nella seconda metà di questo secolo esso viene finalmente indicato come inquinante degli ambienti interni (indoor). È infatti in questo periodo che viene dimostrata l’esistenza del collegamento causa – effetto tra concentrazione di radon e cancro polmonare.

Stabilire i valori limite della concentrazione ammissibile in un ambiente chiuso è di fondamentale importanza questo però non deve far perdere di vista due aspetti fondamentali. Il primo è costituito dal paradosso del valore limite che può essere così semplificato: ipotizzando due misurazioni indoor corrette, la prima di 190 Bq/m3 ± 5 Bq/m3 e la seconda di 210 Bq/m3 ± 5 Bq/m3, (Bq = Becquerel, unità di misura delle sostanze radioattive) solo nel secondo caso scatterebbero i dispositivi di legge, nonostante la differenza tra le due concentrazioni sia solo del 10%; facendo il paragone con il fumo di sigaretta si sarebbe portati a pensare che fumare 19 sigarette al giorno sia diverso dal fumarne 20. Il secondo paradosso è quello dello scarso coinvolgimento dei geologi, più propriamente dei geochimici, i quali pur avendo le cognizioni necessarie allo studio dei materiali dai quali si origina questo gas non sono riconosciuti dalla legislazione italiana come potenziali esperti del rischio da radon. Vale la pena a questo punto ricordare che i materiali costituenti il suolo e le nostre case sono riconducibili al 90% a fasi minerali e la disciplina scientifica che studia come gli elementi chimici si mobilizzano dai minerali è proprio la geochimica.

Il radon si trova principalmente nel terreno; esso è universalmente presente laddove ci sono rocce e terreni contenenti altri elementi radioattivi. In qualità di gas, può propagarsi agevolmente nei terreni, particolarmente in quelli sciolti, infiltrandosi negli interstizi e dirigendosi verso l’alto; anche nei materiali compatti, dove sono presenti spesso crepe e fessure questo gas agevolmente può risalire in superficie. I materiali argillosi, invece, per la loro natura impermeabile, ostacolano la diffusione di questo gas, ne consegue che la concentrazione del radon nell’aria dipende, in larga misura, dalla permeabilità del terreno e/o dei materiali. Anche le condizioni atmosferiche, con l’alternarsi delle stagioni e con le variazioni della temperatura e della pressione dell’aria giocano un ruolo determinante sulla concentrazione di questo gas negli ambienti confinati.

Il radon, proveniente dal sottosuolo o dai materiali da costruzione, fuoriesce e si disperde nell’ambiente penetrando nelle nostre abitazioni grazie la presenza di fessure nelle mura e nei pavimenti, strutture di passaggio di cavi e tubazioni, dove tende ad accumularsi negli ambienti chiusi, dove se presente in concentrazioni elevate diventa pericoloso. Il radon possiamo trovarlo nelle abitazioni, nelle scuole, negli uffici pubblici, negli ospedali, nei luoghi di lavoro ed in tutti quei luoghi chiusi ove non è garantito un sufficiente ricambio d’aria.

Cosa possiamo fare per ridurre il rischio da radon? Anzitutto se si è fumatori sarà importante smettere di fumare poiché oggi sappiamo bene che il rischio di contrarre neoplasie polmonari è più elevato nei fumatori esposti al radon. Altra raccomandazione fondamentale è quella di ventilare frequentemente, anche in inverno, i locali dove soggiorniamo quotidianamente, lasciando le finestre aperte o provvedendo con sistemi di ventilazione forzata.

Negli edifici di nuova costruzione sono previsti numerosi interventi atti a ridurre le concentrazioni di questo gas, negli edifici già costruiti o in quelli storici e tutelati invece è necessario procedere ad idonei accorgimenti particolarmente studiati per queste tipologie.

Gli interventi più diffusi vanno dalla semplice ventilazione forzata effettuata mediante l’installazione di appositi estrattori sino a quelli più radicali che prevedono la sigillatura di crepe e fessure, la depressurizzazione del terreno, la pressurizzazione dell’edificio e l’impermeabilizzazione del pavimento.

Il radon è una pericolosa insidia per la nostra salute, questo gas naturale, proveniente dalle profondità della crosta terrestre, genera particelle radioattive che contaminano gli ambienti in cui viviamo; eliminarlo o quanto meno diminuirne la concentrazione risulta di fondamentale importanza per la nostra vita.