Se de Luca parla di zona rossa – aglianico, noi scriviamo di Taurasi. Brevi cenni storici

Fra le splendide colline irpine sorge Taurasi, località della media valle del Calore immersa tra le vigne rigogliose e gli uliveti, fonti millenarie di vita e di sostentamento. In questo territorio bucolico, dalla sua grande tradizione vitivinicola si trae l’omonimo vino, frutto dell’intimo connubio instauratosi sin dall’antichità fra l’uomo, il clima, le uve e quella terra. È qui che l’aglianico ha trovato la sua terra d’elezione e dove è in grado di regalare vini unici, che rispecchiano le caratteristiche dell’Irpinia: incontaminata, vulcanica e impenetrabile. Situati fra i 400 e i 700 metri sul livello del mare, i vigneti di aglianico sono inscindibilmente legati a quest’ambiente naturale, che miscela ingredienti inconfondibili e irripetibili. L’orografia collinare della zona di coltivazione, sommata all’esposizione dei vigneti, concorre a determinare un ambiente adeguatamente ventilato e luminoso, particolarmente favorevole all’equilibrio vegeto-produttivo della pianta.
L’alta qualità delle produzioni di Taurasi esprime le caratteristiche migliori dell’aglianico, vitigno antichissimo probabilmente originario della Grecia, introdotto in Italia intorno al VI secolo a.C. L’origine del nome potrebbe risalire all’antica Elea (Eleanico), città della Magna Grecia sulla costa tirrenica, oppure essere semplicemente la deformazione della parola hellenico. Il nome del Taurasi, invece, deriva dall’antica arx Taurasia, uno dei borghi fondati dagli irpini, e che raggruppava i vici e i pagi rurali sparsi nel territorio circostante. L’area dei Campi Taurasini sarà devastata dai romani durante le guerre sannitiche, e circa tre secoli dopo verrà assegnata ai veterani di Ottaviano Augusto. I legionari, novelli coloni rurali, continueranno la coltivazione della “vitis ellenica” e si avvarranno delle opere civiche e dell’intensificata rete stradale per dare impulso alle produzioni agricole e al loro commercio.
Testimonianze storico-letterarie sulla presenza della vite nell’attuale area produttiva del Taurasi, infatti, datano da Tito Livio, che nel suo “Ab Urbe Condita” descriveva una: “Taurasia dalle vigne opime, fornitrice di ottimo vino per l’Impero, dove si allevava la vite Greca o Ellenica”. Taurasi divenne allora un importante centro produttivo e commerciale, assumendo, come testimoniano anche Plinio il Vecchio e Strabone, un ruolo strategico economico-militare di primaria importanza, essendo ubicata quasi al centro dell’altipiano irpino fra Aeclanum, Fulsula (odierna Montefusco), Maleventum, Aquilonia, Romulea e Trivicum. Sulla bontà dell’aglianico, in epoca romana, testimoniava lo stesso Orazio, tanto che molti pensano che sia uno dei vini apparentati al leggendario Falerno. Il primo documento conosciuto, tuttavia, che cita la vite coltivata in Taurasi col nome di aglianico, risale al 1167, a opera di commercianti e ufficiali aragonesi che, a causa della loro fonetica – in spagnolo la doppia ‘elle’ pronunciandosi ‘gli’ – trasformarono il nome della vite da Ellanica in Aglianica.
Il Taurasi odierno viene considerato uno dei più eleganti e pregiati vini italiani. Esso è dotato di struttura persistente; il colore russo rubino, con riflessi granata, gli conferisce eleganza; al gusto risulta austero ed equilibrato, dalla buona alcolicità; è adatto a un lungo invecchiamento: tutte qualità che lo rendono adatto alla meditazione e alla lettura.