Su di una recente proposta di legge

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La proposta di legge contro l’omofobia, la transfobia, eccetera, può essere criticata da molteplici punti di vista. Nel drammatico contesto socioeconomico determinato dalla pandemia in atto, una legge del genere dimostra, una volta di più, l’irrealismo in cui vive il mondo ‘progressista’. Inoltre, eventuali comportamenti ‘omofobi’, eccetera, sono già sanzionati da leggi vigenti, tanto da rendere sostanzialmente inutile un’ulteriore legislazione in materia. In più, non esiste alcun vero allarme sociale tale da giustificare una legge di questo tipo. In sintesi, è una legge che riflette esclusivamente il fanatismo ideologico di chi la propone e l’appoggia.

Ma ovviamente anche il fanatismo risponde a una sua logica, per quanto distorta possa essere. Che è ad esempio, la logica tipicamente rivendicativa di gruppi ultraminoritari, in base alla quale ci si serve del linguaggio dei diritti unicamente come strumento per legittimare qualsiasi desiderio, anche il più improbabile o il più turpe (come la mercificazione dell’utero materno e del bambino nelle pratiche di compravendita dei neonati).

Non solo, perché a causa di questa logica si finisce col mettere sotto attacco il binomio fondamentale libertà/differenze. Infatti è la libertà in generale (e le concrete libertà di ognuno) a rendere possibile l’esistenza delle differenze. Se cade l’una, cadranno le altre, nel senso che libertà e differenze si tengono insieme, non potendo sopravvivere prese di per sé. In uno scenario dominato da un’unica ‘visione del mondo’, infatti, non c’è posto né per la libertà né, tantomeno, per le differenze. Nel caso specifico, il ricorso alla repressione per via legislativa di opinioni non allineate al verbo ‘progressista’ su questioni come l’omosessualità, l’ideologia gender e così via, restringe drammaticamente il campo delle libertà e di conseguenza la possibilità di avere su queste tematiche atteggiamenti e posizioni differenti, sacrificate sull’altare di quel totalitarismo angelico su cui mi sono già soffermato in un precedente articolo.

A spiegare in maniera lucidissima la logica all’opera in proposte legislative come quella in esame, è Jean-Louis Harouel, nel suo I diritti dell’uomo contro il popolo, edito da Liberilibri nel 2018. Quel che scrive Harouel, pur se riferito principalmente al contesto francese e a problematiche quali l’immigrazione e l’islam, si adatta perfettamente al discorso sull’omofobia e in generale a tutto ciò che, col pretesto di colpire una fobia-di-qualcosa, in realtà mette sempre più in discussione gli spazi di libertà sia individuali che comunitari. Harouel nota che diritti essenziali come la libertà di opinione “sono passati in secondo piano”, essendosi ormai spostato “il centro di gravità della morale dei diritti dell’uomo” verso “il principio di non-discriminazione” (p. 53), per cui, ecco il punto decisivo, “nel nome dell’estirpazione di ogni forma di discriminazione” accade che la libertà venga “gravemente ridotta e messa in pericolo” (p. 62), in quanto col ricorso a leggi sempre più repressive e intolleranti “si genera una società liberticida” (p. 61). Questo perché l’odierno diritto penale è stato messo “al servizio di alcune minoranze e di certe religioni, rispetto alle quali ogni opinione critica è denunciata da una parola che termina con ‘fobia’” (p. 61).

Per concludere: paradossalmente, la lotta a presunte discriminazioni finisce per creare vera discriminazione nei confronti di opinioni non allineate alla vulgata ‘progressista’, così come, altro inquietante paradosso, la presunta difesa delle diversità nasconde la volontà di dar vita a una narrazione univoca e unificata, sempre di stampo ‘progressista’, dalla quale espungere, con l’ausilio di leggi via via più repressive, le voci dissenzienti, cancellando così la ricchezza e il pluralismo di opinioni, valori e princìpi davvero tra loro differenti, a favore di una visione conformista e piattamente omologata del reale.